5. Da Conques alle scuole medievali

Negli ultimi decenni dell’XI secolo fiorisce in Francia la produzione di smalti su rame dorato nella cittadina di Conques, già divenuta celebre per la realizzazione di pregiate opere di oreficeria, tra cui il Reliquiario di Santa Fede. È proprio qui che sembra nascere lo champlevé su rame (il primo esemplare noto è il Cofanetto dell’Abate Bonifacio di Santa Fede, 1120 circa), ottenuto non più attraverso la lavorazione del metallo in fusione come per i bronzi celtici, bensì attraverso incavi nel rame ottenuti con strumenti da cesello o con appositi acidi. Dapprima gli orafi si limitavano a scavare la figura, disponendo poi i fili all’interno della medesima come nel cloisonné (come nell'émail mixté della Corona d'Ungheria); in seguito alla morte dell’abate Begon III, fra i principali fautori della fioritura dell’oreficeria e smaltatura di Conques, la produzione entra in declino e si trasferisce verso altri nuovi centri (fonte: Enamels of Limoges 1100-1350,  AA.VV., Metropolitan Museum, 1996, New York).

Dal XII secolo d.C. sorgono infatti nuove scuole in cui si pratica la tecnica dello champlevé: la Limosina nella vicina Limoges (Francia), la Mosana a Liegi, Stavelot e Namur (Belgio), la Renana a Colonia (Germania), e una quarta scuola a Silos, vicino a Burgos (Spagna). Quasi sicuramente non è un caso che le città di Conques, Limoges, Colonia e Silos sorgano lungo le principali arterie delCammino di Santiago di Compostela, i cui pellegrinaggi furono rilanciati proprio in questo periodo da papa Callisto II e i suoi successori. (fonte: G. Hernández, Trabajo fin de grado - Esmaltes sobre Metal, Barcelona, 2014; pg.14-16). Per tutto il Medioevo si fabbrica così una grande quantità di reliquari, cofanetti, pale d’altare, tabernacoli, patene, calici e placche a carattere religioso.

Posizione di Conques, Limoges, Colonia e Silos sul Cammino di Santiago di Compostela.

Limoges è stata la prima scuola a ricevere l’eredità della vicina cittadina di Conques, con un’abbondante e continuativa produzione di smalti cloisonné e champlevé che andò perfezionandosi nei decenni successivi. Il primo esemplare noto di champlevé limosino è la Cassa-reliquiario di Bellac (1130 circa). Pochi anni dopo, la conoscenza della nuova tecnica giunge fino a Colonia e, da qui, verso le zone mosana e renana. In particolare, fu probabilmente l’orafo e niellatore Ruggero di Helmarshausen a portare con sé le nuove conoscenze da Colonia fino all’abbazia di Helmarshausen, nella Germania meridionale. Poco dopo, il monaco noto come Teofilo il Presbitero descriverà la realizzazione della smaltatura su metalli nel suo celebre trattato "De diversis artibus". Alcuni accademici (tra cui Albert Ilg, Dodwell, Cyril Stanley Smith, Eckhard Freise) hanno sostenuto l’identificazione di Teofilo con Ruggero di Helmarshausen, perché i due vissero in Germania nello stesso periodo e perché in uno dei più antichi manoscritti si legge la notazione "Teophilus est Rugerus". Altri autori hanno espresso dubbi su questa identificazione, ad esempio Maria Luisa Martín Ansón nel suo libro Esmaltes de España. Il periodo tuttavia coincide e le tecniche artistiche descritte sono le stesse impiegate da Ruggero (illuminazione dei manoscritti, niellatura, lavorazione dei metalli, smaltatura), per cui è possibile immaginare un qualche influsso del suo lavoro sullo scritto di Teofilo.

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Placche smaltate per cofanetto-reliquiario, Champlevé in stile Limoges, 1200 circa, Museo ArTchivio.

La scuola mosana, in particolare, ha i suoi centri più importanti nelle abbazie di Stavelot e St-Denis, dove operano alcuni abili orafi e smaltatori, fra cui il celebre Godefroy de Claire, attivo fra il 1150 e il 1173. Altro esponente della scuola Mosana fu Nicola di Verdun, ricordato per il Reliquario dei Re Magi a Colonia (1190-1220) e per la Pala d’Altare di Klosterneuburg (Austria, 1181).

Nicola di Verdun ha lavorato sul suo capolavoro per 10 anni e l’ha consegnata al prevosto di Klosterneuburg nel 1181. Esso era in origine un rivestimento decorativo per il parapetto del pulpito nella chiesa conventuale. Durante il grande incendio del 13 settembre 1330, gli smalti furono salvati spegnendo le fiamme col vino perché le risorse d’acqua erano insufficienti. L’ex prevosto fece assemblare le placche smaltate in un trittico come pala d’altare. Per poter chiudere la cornice della pala, egli commissionò a orafi viennesi anche sei nuovi pannelli che si conformassero pienamente al modello. Sul retro, il prevosto fece realizzare da un autore anonimo quattro grandi pitture a tempera che rappresentano i più antichi dipinti tedeschi databili con certezza.

Arca dei Re Magi a Colonia, Nicola di Verdun: Dettaglio, profeta Amos.

Pala d'altare di Klosterneuburg, Nicola di Verdun. Dettaglio su alcune placche smaltate.

La tecnica dello champlevé su rame dorato che ha reso celebre Limoges si spinge rapidamente fino in Spagna già dalla metà del XII secolo. Nel Regno di León, come già accennato, l’influsso dell’oreficeria e dello smalto bizantini e arabi era già notevole, in particolare nell’area della città di Burgos, edificata nell’850 sul confine col Califfato di Cordova, nonché una delle principali tappe del Cammino di Santiago. Impulso notevole allo smalto artistico era stato già dato dalla regina Sancha I di León (1032-1067) che aveva chiamato a lavorare in Castiglia alcuni orafi smaltisti bizantini. In questo contesto così fertile sorge una nuova scuola orafa autoctona presso l’Abbazia di San Domenico di Silos; vista la posizione favorevole ai contatti con Limoges, la tecnica dello champlevé su rame dorato arriva a Silos dove acquista caratteristiche proprie, soprattutto per la diversità di colore degli smalti (in particolare, la presenza di un verde brillante). Due opere notevoli di questa scuola sono l’Urna di San Domenico di Silos (1165-1170) e il pastorale dell’abate Juan II (1198). Nello stesso periodo, nel Regno di Navarra, troviamo l’antependium d’altare del Santuario di San Michele di Aralar, probabile opera di un orafo limosino, con 39 formelle a smalto.

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Urna di San Domenico, Silos, Spagna, XII secolo

"Frontale di Aralar", antependium d'altare del Santuario di San Miguel de Aralar, Navarra, fine XII secolo.

Delle quattro scuole, solo quella di Limoges è sopravvissuta oltre il XII secolo e, seppur a fasi alterne, è riuscita a giungere fino ai nostri giorni; ciò ha permesso agli smaltatori limosini di sperimentare in seguito tecniche più complesse e innovative. Nel 1215, durante il IV Concilio Lateranense, Papa Innocenzo III ha ottenuto che in ogni chiesa europea vi fosse almeno una riserva eucaristica e nel 1229 il Sinodo di Winchester ha approvato e incentivato l'adozione delle cosiddette "colombe eucaristiche" dell'Opus Lemovicense proprio a questo scopo. Questo ha avuto sicuramente un impatto decisivo nella crescita di Limoges durante tutto il XIII secolo.

Secondo recenti studi indipendenti fra loro da parte del Metropolitan Museum of Art e dell’Università di Torino, il periodo fra il XII e il XIII secolo vede un importante cambiamento nella composizione chimica degli smalti limosini. Dalle analisi allo spettrometro è infatti risultato che gli smalti usati fino alla fine del XII secolo sono chimicamente identici ai vetri musivi dei Romani, per poi passare gradualmente verso un nuovo tipo di vetro con materie prime provenienti dal Medio Oriente. Questi smalti vennero però lentamente a mancare e dovettero essere progressivamente sostituiti nell’arco di cinquant’anni. Nel secondo quarto del XIII secolo la nuova composizione degli smalti era già stata adottata nelle scuole mosana e limosina. Secondo alcuni studiosi, ciò potrebbe spiegarsi con un iniziale riutilizzo dei vetri musivi romani da parte degli artisti, almeno fino al 1200. Ciò conferma tra l’altro l’accuratezza e affidabilità del già menzionato monaco Teofilo, che così scriveva:

Nelle opere a mosaico degli antichi edifici pagani si trovano diversi tipi di vetro fra cui bianco, nero, verde, giallo, blu zaffiro, rosso e porpora; non è chiaro, ma opaco, come il marmo, e sono come pietre squadrate; da queste si ottengono gemme da applicare su oro, argento e bronzo e di queste parleremo a suo luogo. Si possono trovare anche diversi piccoli vasi coi medesimi colori, e che i francesi raccolgono con grande intelligenza in questo lavoro, e alcuni fondono il blu zaffiro nelle loro fornaci, con piccole aggiunte di vetro trasparente o bianco, e realizzano con essi costose placche color zaffiro o lo riutilizzano per le vetrate. Essi fanno la stessa cosa anche con i colori porpora e verde.” De diversis artibus, libro II, capitolo 12.

Colomba eucaristica usata come tabernacolo, prodotta a Limoges verso il 1215-1235. Metropolitan Museum di New York. Rame dorato con smalti champlevé.

Alla fine del XIII secolo, mentre Limoges entra temporaneamente in decadenza, inizia a svilupparsi la nuova tecnica del “Rilievo traslucido” (anche Champlevé Basse taille = Bassorilievo), dovuta ad alcuni orafi senesi. Essa costituisce l’evoluzione del “cloisonné” e dello “champlevé” e viene definita “basse-taille” (bassorilievo) perché gli incavi ricavati a sbalzo nel metallo sono poco profondi. Questi sbalzi, che costituiscono il disegno e le forme, vengono ricoperti di smalto traslucido e colorato, dando origine ad eccellenti sfumature. La base era argento o oro, a tutto spessore o, in seguito, a strato sopra il rame.

Secondo la restauratrice vaticana Flavia Callori del Vignale, “la creazione degli smalti traslucidi si deve quindi alla fusione di due diverse esperienze tecnologiche: la prima, essenzialmente francese, che comportava la lavorazione a rilievo della lastra metallica di supporto, e la seconda, bizantina, che impiegava smalti semitrasparenti” (fonte: “Il Calice di Guccio di Mannaia nel Tesoro della Basilica di San Francesco ad Assisi", pg 133). La stessa autrice sottolinea fra le fonti della nuova tecnica l’uso degli smalti traslucidi nella produzione locale toscana, il cui esempio sono le placche decorative montate sulla reliquia della Santa Cintola nel Duomo di Pisa, risalente al 1300 circa, e i lavori d’oreficeria importati dalla Francia sotto gli Angiò, ad esempio il busto-reliquiario di San Gennaro a Napoli.

La prima opera in champlevé basse-taille è il Calice di Niccolò IV, 1290 circa, oggi esposta nel Museo del Tesoro della Basilica di San Francesco ad Assisi, realizzato dal senese Guccio di Mannaia in argento dorato, alto 22 cm, e decorato con 96 smalti traslucidi. La tecnica ideata da Guccio divenne fin da subito un grande successo e ben presto altri orafi smaltisti senesi la riprodussero per la produzione di calici e patene. Fra di essi ricordiamo in particolare Duccio di Donato, Tonino di Guerrino e Andrea Riguardi.

Nel 1337 un altro senese, Ugolino di Vieri, realizza un altro capolavoro, il grande Reliquiario  del Corporale del Miracolo di Bolsena, nel duomo di Orvieto. Con lui collaborano almeno altri due orafi, Viva di Lando e Bartolomeo Tommè.

A sinistra, Reliquiario del Miracolo di Bolsena, realizzato da Ugolino di Vieri (1337 – 1339).
A destra, Calice di Niccolò IV (1288-1292) realizzato da Guccio di Mannaia (Museo del Tesoro della Basilica di San Francesco ad Assisi): è il primo esempio noto di smalto “basse-taille”.

In Spagna, la tecnica dello champlevé basse-taille arriva dall’Italia fino al Regno d’Aragona, dove sorgono nuovi centri a Maiorca e Valencia sotto l’impulso di re Giacomo I d’Aragona († 1276) e dove raggiungerà il suo apice nella seconda metà del Trecento. A Maiorca nelle isole Baleari sorgono infatti degli atelier di smalto traslucido, fondati da orafi d’origine provenzale, senese e napoletana, ma è solo nel 1353 che essi si riorganizzarono in un vero centro produttivo, realizzando opere marchiate con il punzone MAIORICA. Esempio notevole di questa produzione è la Custodia eucaristica della Cattedrale di Ibiza. Un oggetto interessante è anche il Calice della Duchessa di Maiorca, prodotto nella seconda metà del XIV secolo, in stile gotico.

Pala d'altare della cattedrale di Girona, un'opera di Pere Berneç.

Calice della Duchessa di Maiorca, metà del XIV secolo, altezza 25 cm x diametro 15 cm, stile gotico. Museo del Louvre (numero di inventario OA 3359).

Rappresentante importante della scuola di Valencia, invece, è l’orafo Pere Berneç, autore di numerose opere religiose in smalto traslucido tra il 1350 e il 1380. Influenzato artisticamente dallo stile senese, l’artista valenziano ha lavorato soprattutto per la corte del re Pietro il Cerimonioso († 1387), per cui ha realizzato le pale d’altare in argento e smalto per la cappella del Palazzo Reale di Barcellona (1360) e per le cattedrali di Valencia e Maiorca (quest’ultima in collaborazione con Pere Perpinyà), tuttavia nessuna di esse è giunta fino a noi. Sono giunti fino a noi la pala dell’altare maggiore della Cattedrale di Girona, realizzata in collaborazione con Ramon Andreu (1358) e, sempre nella stessa chiesa, tre croci decorate a smalto (1350-1360). Dal 1376, le sue opere per la Corona d’Aragona sono realizzate a quattro mani con il discepolo Bertomeu Coscolla. (fonte: G. Hernández, Trabajo fin de grado - Esmaltes sobre Metal, Barcelona, 2014; pg.27ss).

Spostandoci in Oriente, lo smalto alveolato o cloisonné fu importato in Cina dai territori arabi, sotto il regno dell’imperatore mongolo Kublai Khan nel tardo XIII secolo. Le testimonianze risalenti a questo periodo riferiscono che degli artigiani erano stati introdotti in Cina come prigionieri quando l’esercito mongolo  di Gengis Khan e suo nipote Hülegü Khan aveva conquistato l’Asia Occidentale, un territorio che dal 1256 divenne parte di un Ilkhanato i cui territori si estendevano sul Vicino e Medio Oriente, dalla Turchia all’Iran. Questi orafi portarono ai nobili sotto la dinastia Yuan gli smalti che erano già popolari nel mondo arabo, con materiali e tecnologia grezzi, perlopiù in tecnica cloisonné. Questi beni importati dall’estero si fusero con il più raffinato stile locale cinese, divenendo così una forma d’arte indipendente.

Intorno al 1300 la tecnica della smaltatura viene reintrodotta in Persia, in seguito alla conversione all'Islam del settimo sovrano dell'Ilkhanato mongolo, Ghazan Khan (regnante dal 1295-1304). La tecnica in questi territori si adatta ai soggetti propri dell'Islam, privi di figure umane e animali e ricche di motivi geometrici e floreali, dai colori brillanti e con una certa preferenza per il blu: proprio per questo, la smaltatura in Iran e in India è nota con il nome di minakari, dalla parola minoo che significa "cielo, paradiso". Non si tratta più di una forma di cloisonné ma di uno smalto dipinto senza tramezzi e incavi, reminiscente dello smalto a tutto campo veneziana. Nei secoli successivi, la tecnica si diffonderà da qui nella vicina Cina nel XIV secolo. (fonte: Gioielli dall'India dai Moghul al Novecento, vedi estratto).

Risale al XIV secolo anche la Scacchiera di Carlo Magno, un reliquiario realizzato a Montpellier, nel sud della Francia, attribuito dalla leggenda e dalla Chanson de Roland all'epoca dell'eponimo imperatore franco.

Tra il XIV e il XV secolo sorge in Abruzzo un'importante manifattura di smaltatura per oreficeria e argenteria (fonte: E. Mattiocco, A. Gandolfi, "Ori e argenti d'Abruzzo dal Medioevo al XX secolo", Carsa Edizioni, 1996).